
Classe ’74, anima rock, attitudine da globetrotter, tatuaggi importati: Simone Moschini sembra appena tornato da una uscita in kite surf piuttosto che da una giornata nella sua azienda, Il Cavolo a Merenda, in località Le Grazie a Colle Val d’Elsa (SI), un piccolo paradiso che assomiglia ad un orto-giardino andaluso.
Poi ci parli e dopo nemmeno un minuto ti accorgi che oltre alla personalità da copertina di Rolling Stones c’è un cervello brillante e un talento che spazia dai fornelli alla terra da coltivare.
Chef autodidatta, da 15 anni Simone lavora in prestigiosi ristoranti italiani, con pause sabbatiche ogni due anni “unico modo per ricaricare il cervello e generare nuove idee”, come ci tiene a sottolineare lui.
Da pochi mesi ha iniziato a cimentarsi nella gestione della sua azienda agricola, rappresentando l’esempio lampante di come un nuovo approccio con la terra sia ormai il un must nel dialogo con la ristorazione di alto livello.
La sua è una bella storia di riavvicinamento alla terra, quella vera, concreta, che sa di casa e di tradizione.
Gli chiedo subito di raccontami come, quando e perché ha deciso di aprire la sua azienda agricola.
A dicembre dell’anno scorso ho deciso di riprendere in mano l’appezzamento di terra di mio padre, scomparso recentemente. Un ritorno alle origini, vero e proprio, legato ad una dimensione affettiva ed alla mia curiosità, da chef, riguardo ai processi produttivi di tutto ciò che uso e usavo in cucina.
Hai scelto di non certificarti come azienda agricola biologica. Secondo te quanto il bio e il biodinamico sono mode e quanto invece reale consapevolezza nella scelta del consumatore?
Da chef posso dirti che il trend del “bio” incide tanto e spesso sia chi compra i prodotti che chi va al ristorante sceglie in base alla moda.
Io ho scelto di affidarmi al buon senso, alla trasparenza totale verso chi compra i miei prodotti e al rispetto di stagionalità e biodiversità. Per me questo significa coltivare nel rispetto della terra e di chi acquista i miei prodotti.
In azienda cosa hai deciso di mettere in produzione?
Ho più di 100 varietà tra frutta, verdura, piante aromatiche: un approccio da chef, che riesce ad immaginare la composizione estetica del piatto prima ancora di averlo preparato. Voglio trasmettere colori, sapori, profumi intensi e avvolgenti, in ogni barattolo che compongo, in ogni cesto di frutta e verdura che esce dal mio campo.
Quali sono i progetti in campo?
Nel giro di un anno il mio progetto è di creare una “merenderia” a Km0 in azienda, dove le persone possano venire a far merenda con frutta e verdura dell’orto, le uova del pollaio, il pane fatto da me e tutto ciò che io possa cucinare al momento stesso con i miei prodotti. Voglio che sia una esperienza autentica, legata alla terra.
Mi piace chiedere ai protagonisti delle storie che racconto un piatto, un ingrediente, un prodotto e una canzone da abbinare
Nessun dubbio: i miei Indolciti, ovvero la mia giardiniera, con la quale è stato un amore a prima vista. E a lei dedico “I want you” di Bob Dylan.
Fonte: http://www.mangiareasiena.it/simone-moschini-anima-rock-dalla-cucina-al-campo/